FTL 4.1 SABOT IN CONCERTO

CRONACHE DAL CONCERTO Sabato 29 Marzo 2008, Firenze

nEXt-Emerson, FuckTheLocalini 4.1, ancora live, ancora concerti and no DJ’s… why not!
In programma Tribuna Ludu (FI), Squartet (Roma) Sabot (USA/CZ), mentre un ottima selezione beat (inizialmente affidata a me ma gente intoccabile e innominabile si era già prenotata) accompagna le ore dall’aperitivo  fino alle 24:00, ora di inizio concerti: è sabato non c’è fretta, stanotte si fa tardi comunque, c’è l’ora legale…
Infatti quando a mezzanotte i 3 Tribuna Ludu salgono sul palco c’ è diversa gente, e c’è voglia di musica ad alto volume (intanto il buon Tasker di OTK Sound System mi confida che alcune delle casse che stasera diffonderanno il suono sono di recente acquisto e promettono mooolto bene…)

I tre TL salgono sul palco e sai già che musica fanno: no wave & post-punk. E se è azzardato sbilanciarsi così si può comunque con certezza dire che ne hanno ascoltata a chili, a overdosi. Pop Group, Gang of Four, e poi MArs, DNA, New York nei nervi e nel cuore.
Il cantante ha il physique du role di Steve Albini e non fa nulla per smentirlo, il bassista ha un suono grasso da dub-roots-e-tanta-dopa ma suona minimale e distaccato come un cubetto di ghiaccio, il batterista suona bene, è inventivo e preciso, e ha tanta emozione negli occhi, quasi mi intenerisce. Quasi.
4 o 5 pezzi tirati, asciutti, molto ritmici e dissonanti, e però trascinanti, con la forma di canzoni, canzoni cantate a gola spezzata (e va benissimo così) finchè non arriva l’annuncio: "musica melodica emiliana"… è una cover dei CCCP dei bei(?) tempi e sentir risuonare "io sto bene io sto male io non so dove stare" con il charlie in levare e la gente che balla a mani alzate mi fa pensare che Giovanni Lindo Ferretti che ora fa il "reduce" leccando quel che c’è da leccare a Ratzinger (a.k.a. Beppe 16) è veramente un mistero (ma non della fede…): poveretto, che brutta fine.
Da lì il concerto è in discesa ma rischia di non aggiungere più nulla e così arriva al momento giusto una bella mazzata di feedback da 10-minuti-tutti, con tanto di parti dub e piccole digressioni dissonanti: la dose che ci voleva, nulla di più nulla di meno.
Ora: se questi tre si affiatano, se trovano qualcuno che gli da un suono, se prendono coraggio e riescono a contaminare e declinare veramente al presente gli eterni principi del punk e del funk andranno lontano, altrimenti che qualcuno gli registri almeno quel pezzo, quella cover, così tra 20 anni potremo inserirli in una fortunata compilation Firenze-FuckTheLocalini…

Gli Squartet li salto… ehm… non ci sono mica solo i concerti quando vai ai concerti….

Sabot, nuovo album, Further Conversations. Ed è tutto qui, la storia e la musica di questo duo di americani che di USA non ne hanno voluto più sapere molti anni fa (c’era un tale Reagan) si ri-proietta lontano, a esplorare suoni, luoghi e connessioni; possibilità remote e giochi da fare al volo, qui sotto gli occhi.
Innanzi tutto affetto: sotto il palco c’è attesa, ci sono 40enni e pischellissimi, fattoni e gentili signorine col cappotto, c’ è un rispetto evidente, inequivocabile.
Poi il suono: gli occhi dell’amico Tasker scintillano quando il basso di Chris accorda le prime note, sarà che la testata del suo basso è una specie di arma segreta ma anche così fai la differenza (anche con un fonico un po’ più smart a dire il vero): ora i watt arrivano belli secchi nel diaframma…
Attacco veloce, quasi hardcore, subito spezzato, e poi pause, controtempi, melodie fatte di basso e batteria, bass’n’drums…
I Sabot sono un gruppo difficilmente collocabile, è difficile parlare della loro musica, così come del resto per loro non ha alcun senso cantarci sopra, è così da sempre. Fatto sta che dopo una ventina di minuti va via la luce, di colpo tutto l’emerson al buio. Non faccio in tempo a buttare un’occhiata intorno a me che Chris ha già acceso una Camel e soprattutto Hillary non si è fermata: al buio completo, tra i buuu e l’attesa frenetica di quei lunghi minuti continua il suo pezzo in un assolo potente che galvanizza la platea e il buio comincia ad essere divertente, perché quei tamburi trasmettono qualcosa di incrollabile.
La luce andrà via ancora, due deficenti saliranno sul palco in preda ad un’eccitazione falsa da Maria de Filippi e purtroppo nessuno se non gli stessi Sabot li butterà giù, il concerto durerà circa un’ora e un grande sentito applauso ne segnerà la fine, Firenze ancora una volta ringrazia e abbraccia i Sabot: un amore così lungo e duraturo è quasi un sodalizio, e il bello è che non ci sono giuramenti.

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